“La parola Dada fu casualmente scoperta da Ball e da me in un vocabolario tedesco-francese, mentre stavamo cercando un nome d’arte per Madame Le Roy, cantante del nostro cabaret. Dada è una parola francese che significa cavallo a dondolo”. Così Richard Huelsenberg, uno dei fondatori del dadaismo, ricorda come la scelta del nome sia derivata da un atto casuale e privo di intenzione logica.
Un altro interprete della scena, Hans Arp, racconta un’altra storia più bizzarra: “Tristan Tzara ha trovato la parola dada al Café de la Terrasse di Zurigo mentre mi portavo una brioche alla narice sinistra. Ero presente coi miei dodici figli quando l’ha pronunciata per la prima volta, destando in tutti noi un entusiasmo legittimo. Sono convinto che questa parola non ha alcuna importanza e non ci sono che gli imbecilli o i professori che possono interessarsi ai dati”.
Non ci interessa la versione dei fatti sull’origine di quella parola dal suono infantile, quel che è sicuro, nella sonnacchiosa Zurigo del 1916, un gruppo di intellettuali di orientamenti diversi, si rifugiarono in territorio neutrale per sfuggire al fuoco e al fango delle trincee della guerra per creare un movimento artistico urtante e irragionevole.