Ferdinand Ossendowski (1876 – 1945), dopo aver terminato gli studi di chimica e fisica alla Sorbona, divenne il sovrintendente alla sezione di chimica dell’Esposizione Universale del 1900. I suoi studi di mineralogia lo fecero conoscere nell’ambiente scientifico europeo e per questo fu incaricato dalle autorità russe di effettuare ricerche nelle miniere d’oro siberiane. Negli anni turbolenti del conflitto russo-giapponese (1904-05), svolse delle attività per conto della Marina e durante la prima guerra mondiale gli furono commissionati nuovi studi e prospezioni. In quel periodo fu inviato in Mongolia, paese di cui apprese la lingua e le tradizioni locali, ma nel 1917 in piena rivoluzione bolscevica fu chiamato ad insegnare nella città di Omsk dall’ammiraglio Alexandr Kolchak (vecchio comandante della flotta sul Mar Nero).

Kolchak comandava un esercito controrivoluzionario che gli permise di creare un governo autonomo in una porzione di territorio siberiano. Ossendowski lavorò con questo governo fino al 1920, quando le truppe russe fedeli al nuovo governo di Mosca, rovesciarono la situazione costringendo lo scienziato a una fuga rocambolesca che lo portò in Tibet, Mongolia e Manciuria. Quando infine giunse a Pechino, nel giugno 1921, riuscì ad imbarcarsi per fare ritorno in Polonia, la sua terra natia.

Giunto in patria, decise di riordinare gli appunti di viaggio che formarono il nucleo del suo fortunato libro, Bestie, Uomini e Dei, un’eccezionale descrizione di tutte le personalità e comunità con le quali ebbe contatti in Asia centrale. Il libro è un resoconto dei suoi viaggi in Mongolia, ricco di descrizioni meravigliose, luoghi inaccessibili e tradizioni ancestrali, come quella del Regno di Agarthi, appresa da un lama locale, su questo misterioso regno sotterraneo nei pressi del deserto del Gobi.

Il narratore descrive le magie e le suggestioni ipnotiche di personaggi misteriosi, quali lo Tushegun Lama, si sofferma nell’analisi del buddhismo mongolo-tibetano e, soprattutto, affronta le tematiche legate al “Re del Mondo”.

Il libro fu aspramente criticato da esploratori come Sven Hedin che accusò l’autore di essere stato troppo fantasioso. Il racconto di Ossendowski non è privo di inventiva, però molti degli uomini citati sono realmente esistiti e la descrizione orografica dei territori attraversati, corrisponde perfettamente alle caratteristiche di quelle aree. In uno dei suoi viaggi, Ossendowski venne fermato dalla sua guida mongola che gli fece osservare come in quel luogo, in cui ogni cosa sembrava fermarsi, gli animali smettessero ogni attività e i venti misteriosamente si placavano.

Erano vicini all’entrata dell’Agharti, un luogo fisico e spirituale, sede del Re del Mondo, un misterioso personaggio chiamato anche il Brahmatma, colui che ha il potere di parlare con Dio. Si tratta di un essere puro, dotato di vasti poteri spirituali, secondo le spiegazioni fornite a Ossendowski dai Lama al servizio di questo misterioso individuo destinato a governare per tutto il Manvatara, una delle quattordici ere che compongono il Ciclo Cosmico. Nel seguito del libro, l’autore descrive le tradizioni intorno a questo presunto regno occulto e la sua prima impressione riguardo a questi miti è, secondo le sue parole, ipnotica, tanto che cercherà per mesi di trovare una spiegazione nelle antiche biblioteche della zona. Conversando con un saggio bibliotecario di Urga, Ossendowski apprese che il Re del Mondo si sarebbe manifestato a diverse persone e coloro che avrebbero visitato l’Agharti, hanno poi mantenuto il segreto sulla loro esperienza.

Altri scrittori come Saint Yves d’Alveydre, avevano già raccontato di un centro iniziatico di nome Agharta. Lo storico delle religioni René Guenon ci tenne a difendere Ossendowski dalle accuse di plagio perché tali leggende appartengono al patrimonio culturale dell’Asia centrale e sono presenti anche nel sottofondo religioso di molte culture mediterranee. Alcuni elementi ricorrono nel patrimonio ancestrale anche europeo: per esempio il segno swastika (simbolo di Agarthi) e la cerchia dei dodici iniziati che ritroviamo nei dodici cavalieri della saga di Re Artù, nei dodici Dei dell’Olimpo nello zodiaco composto da dodici segni. Il reportage del polacco negli anni successivi, spinse numerosi esploratori a cercare l’ingresso del Regno di Agharti nell’Asia centrale.

Che dite di mettersi in viaggio?