Si chiama Arzamas 17. E’ la nuova base dell’esercito russo costruita nell’Artico. Proprio lì, lungo una striscia di piattaforme che segnano il confine prima del Polo Nord, ci saranno i soldati a pattugliare con temperatura che raggiungono i meno quaranta gradi. Somiglieranno molto ai soldati della Fortezza Bastiani del romanzo di Dino Buzzati, “Il Deserto dei Tartari”.
Putin ha le idee molto chiare e già a dicembre quando ha riunito lo stato maggiore dell’Esercito ha spiegato i suoi piani per l’Artico. Il controllo di una parte di questo vasto continente di ghiaccio dove nel passato si sono avventurati grandi esploratori, come Amundsen e Nansen, Cook e Peary, vuol dire prestigio, petrolio e nuove rotte mercantili. Quindi ha ordinato di formare unità speciali per presidiare queste zone. E’ una “guerra fredda” in tutti i sensi, quella che vede coinvolte Russia, Stati Uniti, Canada e paesi del nordeuropa.
Non ci sono ancora i dettagli, ma il Cremlino ha ordinato al Ministero della Difesa di rimettere in sesto tre basi sovietiche abbandonate negli anni Novanta, quando debiti e caos politico avevano costretto la Russia ad abbandonare i sogni di gloria. Tre basi per tenere sotto controllo ogni angolo dell’Artico.
Nei vertici con i militari, Putin ha eccitato l’orgoglio della divisa. Gli americani si muovono più rapidamente e mandano i loro sottomarini nella acque adiacenti, quindi una potenza che vuole tornare ad essere tale, non può ignorare queste circostanze. Naturalmente non è solo questione di patriottismo, l’Artico è importante perché custodisce, a migliaia di metri di profondità, una grande quantità di risorse energetiche e, inoltre, alcuni passaggi diventeranno strategici per le rotte commerciali tra l’Europa e l’Asia. Basta pensare all’enorme quantità di petrolio e gas ancora non estratti per capire come il futuro possa dipendere da questa regione dal fascino ancestrale. Secondo gli americani lì ci sono il 13 per cento delle riserve di greggio e il 30 per cento del gas naturale, ma per adesso è ancora una distesa di ghiaccio senza legge impenetrabile per alcuni mesi dell’anno. Un trattato dell’Onu stabilisce che nessuna nazione possa reclamare il territorio dell’Artico. Pure la Cina ha una propria base e si prepara all’estrazione.
Occorre non perdere tempo, la Russia infatti, è il paese con la parte più consistente di territorio compresa nella fascia polare e per questo il suo atteggiamento è più aggressivo. Chi non lo farebbe?
Nel 2007, per esempio, la nave Akademik Fedorov ha lasciato il porto di San Pietroburgo e si è mossa verso i mari del nord per portare a termine una spedizione scientifica durata quasi un anno. Lo scopo della missione era determinare se la regione polare (la cosiddetta dorsale Lomonosov) fosse collegata alla Siberia per dimostrare che quella terra è un’appendice della Russia. La nave ha lasciato sul suolo marino, a 4200 metri dal pelo d’acqua, una capsula con una bandiera russa in titanio, come monito ai concorrenti che in questa lotta bisognerà sempre fare i conti con la Russia prima di arrivare al Polo Nord. I rivali non mancano, a partire dagli Stati Uniti, che controllano diverse installazioni militari dalla Groenlandia alla Scandinavia e nel porto norvegese di Tromso, stazionano regolarmente i famosi sottomarini che mettono a rischio la sicurezza russa. Il Canada ha avviato nuovi programmi militari, mentre in Europa è la Danimarca il paese che avanza più pretese sulle risorse energetiche dell’Artico. I russi con la società pubblica Gazprom hanno piazzato una piattaforma petrolifera nel mare di Pechora. Il loro giacimento è già in fase produttiva e contano di decuplicare l’estrazione di petrolio entro il 2020, passando dagli attuali 12mila barili a 120mila.
Non è un caso che, l’anno scorso, Exxon Mobile ed l’italiana Eni, abbiano ottenuto la possibilità di esplorare, insieme con i russi di Rosneft, le acque dell’Artico in cerca di petrolio. Una scommessa con ottime possibilità di successo dove Eni avrà a disposizione due blocchi nel mare di Barents. La battaglia per la conquista del Polo Nord ha resistito a tutti gli sconvolgimenti politici del passato e da questo punto di vista nulla è cambiato dai tempi della Guerra Fredda. La Russia vuole ripristinare il controllo sulle regioni artiche e deve mostrare a tutti di avere forze adeguatamente preparate per scoraggiare un confronto troppo duro con i concorrenti. Il grande gioco si è spostato nel gelido Nord.