Una vita lunga un secolo quella di Ernst Jünger, morto il 17 febbraio 1998 all’età di 103 anni. Una vita che il suo biografo, Heimo Schwilk ha così riassunto: “Jünger è stato uomo d’azione e di lettere, scrittore e filosofo, “prussiano” e anarchico, tedesco e ribelle, e in fin dei conti testimone della complessità del Novecento”. Lo scrittore tedesco ha combattuto due guerre mondiali, è stato decorato con la Croce di Ferro Pour le Mérite, ha visto due volte il passaggio della cometa nel 1910 e nel 1986, è stato il testimone di un secolo dove le forze della Tecnica hanno assunto dimensioni titaniche. Jünger ha descritto le figure e le strutture emerse da questo magma incandescente, ha tracciato il profilo dell’anarca e del ribelle e di come essi possono vivere in un’epoca dove il potere è sempre più invasivo. Tuttavia non bastano poche righe per descrivere la complessità del pensiero di questo ribelle metafisico con dallo stile aristocratico, quello che vogliamo raccontarvi è il lato nascosto di Jünger, quello che non ti aspetti e del suo rapporto controverso con le droghe psichedeliche e l’amicizia con Albert Hofmann, lo scienziato svizzero che scoprì casualmente l’Lsd e i suoi effetti.
“Gentilissimo signor Hofmann, la ringrazio di cuore per i gentili auguri del 20 marzo, così come per i graditi doni, soprattutto per le droghe”.
Comincia così una cordiale lettera del tedesco datata 4 aprile 1949, dove ringrazia l’amico. Anni dopo, nel 1970, Jünger pubblicherà un resoconto di questo suo lungo rapporto speciale con le sostante stupefacenti: il libro intitolato “Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza”, un testo dalla trama irregolare, un’autobiografia su quella oscura passione che spazia tra ricordi di gioventù, suggestioni psichedeliche e letterarie, un vero trip messo per iscritto.
“Irradiazione – è la parola che meglio di altre esprime l’influenza sulla mia persona della figura e dell’opera letteraria di Ernst Jünger. Attraverso l’estensione del suo sguardo, che abbraccia in maniera stereoscopica le superfici e le profondità delle cose, il mondo aveva acquistato ai miei occhi un nuovo diafano splendore”. Queste parole scritte da Albert Hofmann testimoniano la forza e il legame tra due uomini straordinari. Il chimico svizzero, vissuto anche lui più di 100 anni, è un personaggio fondamentare per la storia psichedelica.
Nel 1938, Hofmann lavorava sugli alcaloidi, per cercare una sostanza che potesse agire sulla circolazione del sangue. Dopo diversi tentativi, sintetizzò la dietilammide dell’acido lisergico (Lsd-25), ma l’ambiente della chimica non trovò la cosa molto interessante.
Qualche anno dopo, siamo nel 1943, Hofmann tornò a lavorare su quel composto: il 16 aprile, durante un processo di purificazione, urtò un contenitore bagnandosi una mano con l’Lsd. Poco dopo si accorse di essere in uno stato mentale di irrequietezza, con emozioni piacevoli, potenti e una visione complessivamente alterata. Hofmann capì che aveva scoperto qualcosa di importante e cominciò subito a fare degli esperimenti su stesso. Il 19 aprile prese una dose della sostanza di proposito e successivamente, convintosi di avere esaurito l’effetto, tornò a casa in bicicletta. Nel corso del tragitto si accorse che lo spazio interno a lui era deformato, cose e persone assumevano un tratto minaccioso e il suo umore divenne cupo. Il giorno dopo, al contrario, avvertì un effetto di carica positiva. Quella sostanza funzionava ma andava analizzata bene e trattata con estrema accortezza. Da quel momento Hofmann cercò di esaminare e scomporre tutto quello che poteva dall’Lsd, ma dovette riconoscere che era decisamente poco addomesticabile, perché come tutti gli allucinogeni agisce in base all’umore del consumatore. Definiva quella sostanza, “il mio bambino difficile” e nel 1979 uscì il suo libro con quel titolo. L’Lsd poteva dare grandi gioie, ma anche visioni spaventose e incubi e provocare il famigerato bad trip.
Hofmann e Jünger cominciarono a tenere una corrispondenza dal 1947, scambiandosi informazioni, pareri e curiosità sulle sostanze psichedeliche vecchie e nuove, fino a incontrarsi di persona due anni dopo. Era due signori di una certa età e Jünger aveva già provato la mescalina.
La prima volta l’aveva fatto insieme ad alcuni amici, e ne era rimasto colpito, un’esperienza forte: l’inizio del trip l’aveva definito una cannonata, aveva provato a riportare qualche nota su un foglio di carta senza riuscirci. Nelle altre sperimentazioni, lo scrittore tedesco, aveva notato che l’effetto cannonata era svanito, probabilmente per l’assuefazione. Finì per raccontare queste sue esperienze nelle lettere a Hofmann e quest’ultimo gli consigliò di provare l’Lsd, cosa che Jünger decise di fare l’anno successivo, organizzando un bel viaggio in Svizzera proprio a casa dell’amico, insieme al farmacologo Heribert Konzett.
Si prepararono un bicchierino a base di acqua distillata e Lsd, accesero un bastoncino di incenso e come sottofondo musicale scelsero Mozart: un trip aristocratico che non provocò effetti speciali. Era stato proprio Hofmann ad essere cauto con le dosi per evitare grandi rischi. In seguito, i due amici, ripeterono altre volte l’esperienza, con dosi maggiori e così Jünger cambiò opinione: l’Lsd divenne la sua droga prediletta. Sperimentava con moderazione e consapevolezza il viaggio nei paradisi artificiali, alla ricerca dell’illuminazione. Cambiava dosaggio e modalità di assunzione, prendeva appunti in un fantomatico “diario di bordo”. Fu così che tra mescalina e Lsd, il vecchio soldato anticipò di quindici anni gli hippie e le compagnie vagabonde più variegate. Numerosi trip finalizzati ad espandere la propria coscienza ed esplorare coraggiosamente l’ignoto. Queste prime esperienze portarono Jünger a pubblicare nel 1952 il suo primo libro sul tema degli allucinogeni, Visita a Godenholm, ma negli anni Cinquanta non ebbe molta diffusione, sia perché era enigmatico e metaforico senza riferimenti espliciti e poi perché il vero testo degli psiconauti in quel periodo era il libro di Aldous Huxley, Le porte della percezione, dove lo scrittore inglese invitava tutti a provare gli allucinogeni, passaggio segreto per accedere a nuove dimensioni della realtà. L’ottimismo intorno alle droghe sintetiche era ai massimi livelli.
Invece Jünger spiegava che il contatto con quelle sostanze non poteva diventare un fenomeno di massa, ma servivano una consapevolezza, una conoscenza e una disciplina interiore che appartengono a pochi. È un viaggio in un mare burrascoso adatto solo a esperti naviganti.
“Non posso condividere il pensiero di Huxley di dare alle masse la possibilità della trascendenza. Non si tratta di finzioni confortanti ma di cose reali, se prendiamo la faccenda sul serio”.
Il viaggio nella galassia delle nuove droghe necessitava di un carattere ben strutturato, il potere lisergico non poteva diventare un pericoloso gioco di massa. Jünger era sostenitore di un consumo di droghe fatto da adulti per sperimentare le potenzialità dell’ebbrezza in un’anima matura.