In Italia non mancano soggetti in grado di elaborare un pensiero strategico di ampio respiro. Manca un ceto politico diffuso, capace di intercettare questo pensiero per trasformarlo in azione, sia nello spazio domestico che in campo internazionale dove si misura la forza persuasiva delle nazioni. L’Italia ha un nervo scoperto con la propria sovranità, la sconfitta nell’ultima guerra mondiale, ha ridotto spietatamente il campo di manovra.

Il nostro è un paese a sovranità limitata, sorvegliato dagli Stati Uniti e vincolato nel perimetro europeo secondo i rapporti di forza tra gli stati membri dell’Unione Europea. Niente di nuovo ma su un punto continuiamo ad insistere: questi limiti condizionano l’agenda politica, ma avere una capacità di manovra ridotta non significa rinunciare al movimento, non dobbiamo essere spettatori passivi nello spazio internazionale, né tollerare una mentalità economicista che rifiuta la storia per non avere troppi fastidi. Siamo nella sfera di influenza americana ma prendere coscienza di tale legame non significa rispondere nevroticamente “signorsì” ad ogni richiesta di Washington. Stesso discorso con l’Unione Europea: ogni richiesta di Bruxelles non è un ordine perentorio.

Riconoscere i limiti della nostra sovranità, significa imparare a muoversi fino a quella linea di confine oltre la quale il danno per il nostro paese potrebbe essere pesante. Lo spazio per l’interesse nazionale c’è, solo che andrebbe definito con precisione non limitandosi a generiche enunciazioni con l’atteggiamento tipico di chi non vuole urtare la suscettibilità del più potente.

La traiettoria di un governo è sempre di difficile interpretazione, soprattutto nella fase storica attuale, in cui sono le crisi contingenti a stabilire le priorità. Molte nazioni attuano una politica di lungo respiro, mentre l’Italia sembra ancora intrappolata nella programmazione a breve termine.

Il recente accordo tra Black Rock ed Enel evidenzia uno scenario difficile che travalica i confini italiani e assume una dimensione europea. Questo mega fondo americano, già famoso per il dominio nei mercati globali, ha avviato una strategia di acquisizione delle centrali elettriche da dismettere o riconvertire in molte zone d’Europa.

Nel caso italiano, l’accordo prevede la cessione a prezzi irrisori di alcune centrali a carbone svelando tutta l’incoerenza e l’ipocrisia della narrazione sulla transizione ecologica. Infatti queste centrali potrebbero essere riattivate per fornire energia ai data center delle grandi corporation come Google e Microsoft che necessitano di enormi quantità di energia per il funzionamento delle reti digitali e di tutta l’infrastruttura. A dimostrazione di quanto ancora siano indispensabili i combustibili fossili.

Ci domandiamo: il governo italiano non poteva realizzare un fondo sovrano per fare un’operazione di acquisizione e poi mediare con gli attori economici continuando ad assicurarsi il controllo di queste strutture industriali? La domanda resta sospesa.

L’attività di predazione di Black Rock non si ferma all’Italia e si basa su uno schema consolidato: fondi di investimento e multinazionali riescono a trarre vantaggio dalle crisi economiche, da eventuali difficoltà strutturali e dalle trasformazioni industriali per accaparrarsi le risorse strategiche nei paesi europei. Queste azioni dimostrano la capacità dei fondi di inserirsi nelle falle delle politiche pubbliche con un obiettivo semplice: indebolire il controllo statale sulle infrastrutture strategiche. Attualmente, tutti i discorsi carichi di emotività sull’ambiente, servono a coprire quelle operazioni che riproducono una dipendenza energetica e tecnologica gestita da pochi attori globali.

L’Italia e l’Europa rischiano di rendersi troppo vulnerabili. La transizione ecologica diventa una copertura per la svendita del patrimonio strategico e per nuove colonizzazioni economiche. Il capitalismo sta prendendo una nuova forma, i mezzi di produzione si trasformano e si prepara una sfida per il loro controllo. L’Italia dentro lo spazio europeo non può andare alla ricerca dell’utile più semplice. Insieme ai maggiori paesi europei, occorre rispondere con una visione strategica per non compromettere ancora di più la sovranità. Servono idee capaci di ergersi oltre le circostanze e i tempi brevi. Lo ripetiamo. È giunto il momento di una maggiore maturità geopolitica.