international daily newspapers

Il giornalismo è uno dei capisaldi di quello che Jurgen Habermans definisce sfera pubblica borghese  che nel corso del Novecento, viene progressivamente sostituita dalla società di massa, composta da ceti medi e popolari. Tale massa incrina lentamente alcuni valori e a partire dagli anni Sessanta comincia ad affermarsi un individuo desiderante, i legami comunitari si sfilacciano, si fa strada una folla più narcisista e precaria nei rapporti. Il resto è cronaca degli ultimi anni, l’accelerazione della globalizzazione, la crisi finanziaria del 2008 hanno indebolito e impoverito la società dei ceti medi facendo esplodere la rabbia.

Il giornale era contemporaneamente voce dell’individuo e della società in un ambiente con forme e gerarchie precise non semplicemente composto da una folla di individui atomizzati. La diffusione e lo sviluppo di Internet ha permesso a questa folla di esprimersi come vuole, senza indirizzo e nessuna mediazione della stampa tradizionale e alle fine tutto è saltato e ogni tribù si è organizzata liberamente. Dentro questa sfera, tutto è sorvegliato dalle multinazionali del web che favoriscono la diffusione di certe idee e applicano la censura dietro il paravento della libertà di espressione.

Il giornalismo, soprattutto quello della carta stampata, dovrebbe essere più riflessivo e approfondito, deve conservare tre caratteristiche: informare, interpretare e orientare.

L’andamento degli ultimi anni conferma il contrario, almeno per quanto riguarda la stampa convenzionale. In Italia questa crisi è più profonda. A chi scrivono e a chi si rivolgono i giornali?

Giovani e vecchi, individui più o meno istruiti guardano alcuni giornali come a reliquie del passato. La notevole diffidenza verso le testate più accreditate è dovuta agli errori clamorosi e alla perdita di quella capacità di anticipare gli scenari in Occidente. Invece di provare a interpretare, le redazioni si sono affannate a confermare le proprie convinzioni a un pubblico sempre più ristretto di affezionati ammiratori. Eppure la lettura delle grandi testate è ancora importante se si riesce a selezionare quegli articoli buoni in grado di analizzare la realtà. Immuni da forme di esterofilia, dobbiamo riconoscere che il confronto con la punta avanzata del giornalismo italiano, rappresentata da Corriere della Sera, Repubblica e Stampa, rispetto a quelli stranieri è davvero impietoso.

Un motivo è da ricercare nella solidità delle élites in Francia, Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna che possono mettere in discussione anche se stesse entro certi limiti; in Italia le classi dominanti occupano un edificio in rovina, pieno di calcinacci, chiuse nel loro piccolo mondo per non vedere cosa succede fuori. Sembrano usciti dal film di Ettore Scola, la terrazza. La crisi colpisce i giornali di riferimento di questi ambienti mentre i piccoli quotidiani e periodici, più propensi a dare battaglia nel campo delle idee, meno disposti al compresso e con posizioni chiare, resistono e riscuotono consensi. Hanno pregi e difetti e sono più vivaci e fanno più dibattito di certa stampa soporifera e in questo caso i lettori non disertano.

I nostri quotidiani sono pieni di pagine di politica interna, colmi di retroscena, genere altrove inesistente, storie e descrizioni che servono più a intrattenere e a riempire i vuoti. Analizzano poco e male la politica estera, mentre si scatenano in linguaggi allusivi, metafore fruste, neologismi e interviste ai capi corrente di riferimento. Da qui l’Europa e il resto del mondo sono raccontati attraverso le ristrette e provinciali coordinate della politica interna.

Il confronto con i grandi non regge. I lettori del New York Times, Figaro, del Guardian, Daily Telegrafh, Frankfurter Allgemeine Zeitung, sono diversi da quelli di venti anni fa, ma questo ha inciso solo in parte sulla qualità della loro offerta che si è raffinata ed è diventata più elitaria. Nel caso italiano la quantità si è trasformata in bassa qualità, il crollo delle vendite è andato di pari passo con la perdita di credibilità.

I giornali sono la voce e uno dei pilastri della classe dominante, intesa nel senso di Gaetano Mosca. In Occidente queste classi stanno attraversando un momento di confronto e scontro interno, mentre nuove classi cercano di rimpiazzare le vecchie che resistono o tentano di apparire nuove e rinnovate. Fenomeno che accade pure in Italia con un problema: qui le “ruling class” sono più deboli, precarie e instabili rispetto ad altre nazioni, meno legittimate sul piano sostanziale e nella gestione del capitale simbolico.