Le forme proprie del Seicento barocco, la tortuosità, l’ambiguità, la complicatezza del sentire e dell’esprimersi, si diffusero anche nella vita pratica e nelle relazioni tra gli uomini, non solo nell’arte e nella letteratura. Athanasius Kircher è un personaggio tipico di quel periodo. Gesuita e seguace dell’ermetismo cristiano, ultimo di nove fratelli, era nato il 2 maggio 1602 in Turingia e adulto aveva cominciato a studiare, spostandosi prima in diverse città tedesche, Colonia, Coblenza, Magonza per poi riparare in Francia per sfuggire alle continue schermaglie tra gli eserciti cattolici e protestanti che si scontravano in Europa centrale. Studia matematica, greco e altre lingue. Il primo incarico lo ottiene dall’arcivescovo di Magonza che gli chiede di mappare il principato e Kircher sbriga il lavoro utilizzando il compasso magnetico, che gli suggerisce il tema del primo libro Ars Magnesia (L’arte magnetica, 1631). Quando arriva in Francia, passa prima a Lione nel 1632 e poi si stabilisce nel collegio gesuita di Avignone dove continua a insegnare e a dedicarsi agli studi più disparati.
Disegna un complesso orologio, descritto in Primitiae Gnomonicae Catoptricae (Primi frutti della meridiana riflettente, 1635): usa gli specchi per dirigere i raggi del sole su un muro e indicare il movimento dei pianeti, le posizioni delle stelle e l’ora nelle diverse parti del mondo. Soprattutto, fa spargere la voce di avere in suo possesso un “orologio girasole” e un manoscritto attribuito a Barachias Nephi, un presunto antico rabbino babilonese.
La comunità degli studiosi francesi è incantata dalla sua vantata capacità di destreggiare le scienze tecniche e le lingue più arcane. A Parigi si parla di questo gesuita tedesco che ha copiato un manoscritto arabo con tutti gli elementi in grado di interpretare le iscrizioni dei monumenti di Roma e rivelare cose rimaste sconosciute alla Cristianità. Ne è convinto l’avvocato, antiquario e studioso di Aix, Nicolas Claude Fabri de Peiresc che prende contatti con Kircher per saperne di più su questo orologio.
Sarebbe una pianta eliotropica, i cui semi, applicati a un sughero che galleggia nell’acqua, seguono il movimento del Sole. Per Peiresc è “un grande miracolo della natura”, il migliore tra i tanti “segreti” che Kircher sostiene di poter spiegare. Conquistato dalla personalità del gesuita gli mette a disposizione i dizionari arabi della sua biblioteca e gli chiede una copia del libro sul magnetismo.
Passano i mesi e della traduzione del manoscritto di Nephi nemmeno l’ombra e si comincia a dubitare della sincerità dello studioso. Quanto all’orologio girasole, in un primo tempo Peiresc crede che possa dare la prova definitiva della teoria di Galileo. Ne parla con Marin Marsenne, uno dei maggiori filosofi naturali del tempo, il quale ne è così intrigato da inviare a Cartesio una descrizione. Questi risponde nel luglio 1633 con estrema cautela: “sono dubbioso, anche se non lo giudico del tutto impossibile”. Peiresc è sempre più diffidente e deluso dal comportamento di Kircher, tuttavia non rompe i rapporti e lo aiuta, attraverso amici potenti, a farlo trasferire a Roma per insegnare al Collegio romano della Compagnia di Gesù. Nella capitale papalina, le dicerie sul personaggio sono tante: è un inventore, conosce 12 lingue, ha vissuto in Oriente, possiede copie di misteriosi manoscritti arabi. Kircher non smentisce, si mostra ambiguo per mantenere l’attenzione su di sé. Ma nessuna traccia dei famigerati semi della pianta che seguono il movimento solare.
Nel 1636 pubblica il Prodromus Coptus (Introduzione al Copto), che contiene la prima grammatica copta e dove si sostiene, correttamente, che ci sia una relazione tra il copto e l’antico egiziano. Poco tempo dopo, parte per un viaggio in Italia meridionale, in un monastero di Messina scopre un manoscritto musicale greco e forse il leggendario Libro di Enoch, che si supponeva scritto dal bisnonno di Noè (in realtà è un testo apocrifo del I secolo a.c.). Poi si sposta Malta, dove costruisce uno strumento astronomico rotante contenente un planisfero, traccia gli oroscopi e realizza un cubo conosciuto come “specchio cabalistico”.
Nel viaggio di ritorno assiste alla eruzioni dell’Etna e di Stromboli, si cala nel cratere del Vesuvio realizzando delle misurazioni con una macchina per la rappresentazione cartografica di sua invenzione. Passeranno vent’anni prima che dia forma alla sue ricerche con Iter Extaticus II (Secondo viaggio estatico, 1657) e Mundus Subterraneus (Mondo sotterraneo, 1665). Il magnetismo continua a essere la chiave di interpretazione dei suoi studi, ma si accorge che non può spiegare tutto così.
Nel 1641 pubblica Magnes, sive De Arte Magnetica (Magnete, o dell’arte magnetica), in cui include dati fornitigli da matematici e filosofi naturali sparsi in tutta Europa, oltre che da missionari gesuiti di Goa, Canton, Macao e nelle Indie occidentali – il primo esempio di rete di informazione globale che connetteva gli studiosi attraverso le diramazioni della Compagnia di Gesù. Da quel momento, per quasi quattro decenni, Kircher diventa una macchina editoriale, pubblica un titolo dietro l’altro, presentandosi come un enciclopedista capace di discettare sulle più diverse arti e scienze, grazie alla capacità di leggere in più lingue e di poter disporre di manoscritti rari. Escono libri sull’egiziano (Lingua Aegyptiaca restituita), sull’ottica (Ars Magna Lucis et Umbrae), sulla decifrazione dei geroglifici (Obeliscum Pamphilius) e un trattato enciclopedico sulla civiltà egizia (Oedipus Aegypiacus), considerata il punto di partenza per capire la storia delle civiltà e delle fedi.
Una sorta di romanzo fantascientifico è il libro Itinerarium Extaticum, che racconta di un viaggio nello spazio, guidato da un angelo, e poi al centro della Terra, a bordo di un sommergibile di cristallo. Pubblica anche una guida del Lazio (Latium) e un metodo universale Ars Magna Sciendi, per consentire alle persone di acquisire una conoscenza generale su varie materie. Una proposta di lingua universale, Polygrafia Nove et Universalis, attraverso la creazione di una scatola capace, maneggiando diverse leve, di tradurre frasi in molti idiomi o addirittura in un codice cifrato. Poi c’è il trattato di geologia, Mundus Subterraneus in cui, oltre a localizzare Atlantide, si contrappone alle teorie della fisica meccanica, introducendo il concetto di “spiritus plasticus”, una forza elementare di origine divina che consente al mondo di mantenersi in perenne equilibrio armonico. E ancora scrive un’enciclopedia sulla Cina (China Monumentalis Illustrata), basata sui resoconti dei missionari, un libro dove tenta di spiegare la moltiplicazione delle lingue, basato sul racconto della Torre di Babele (Turris Babel)
L’elenco non può essere completo, i titoli sono più di quaranta, ma il problema è un altro. Molti di questi testi contengono errori grossolani oltre che notevoli intuizioni, come quella sull’origine della peste, causata da un microrganismo infettivo. Il più clamoroso errore, è quello contenuto nell’Oedipus Aegypiatucus, testo in tre volumi tra il 1652 e il 1655, dove tenta di tradurre i geroglifici, analizzando la tavola isiaca (chiamata anche “tavola bembina” dal nome del Cardinale Bembo che la recuperò poco dopo il sacco di Roma del 1527). Tuttavia, quella tavola in bronzo e argento raffigurante vari dei egizi con al centro Iside, in realtà era un falso.
Kircher evoca molte suggestioni nella letteratura. Edgar Allan Poe ha ammesso di aver pensato al Mundus Subterraneus quando ha visto al largo delle coste norvegesi il vortice che ha ispirato Una discesa nel Maelstrom. Umberto Eco cita Kircher nel Nome della Rosa e Italo Calvino, immagina uno che tenta di ricostruire il teatro catottico descritto nell’Ars Magna Lucis et Umbrae, in casa sua, così da potersi nascondere – fino a non riconoscersi più nell’infinità delle immagini proiettate.
(pubblicato su www.readingclass.it)