Londra. Correva l’anno 1771. Un politico, giornalista, galantuomo e puttaniere, appassionato frequentatore di bordelli e grande bevitore, vince la battaglia definitiva per la libertà di criticare il potere, informare e scegliersi i propri candidati alle elezioni. Si chiamava John Wilkes e il suo motto era: «Libertà dall’uccello fino alla parrucca!».

Wilkes nacque a St John’s Square, Clerkenwell, il 17 ottobre 1725. Imparò le buone maniere degne di un gentiluomo in modo così fedele da ricevere persino i complimenti di Re Giorgio III per la perfetta educazione, nonostante il sovrano continuasse a riferirsi a lui come al “Diabolico Wilkes”. A vent’anni si sposa con Mary Mead, puritana e unica erede della migliore amica (vedova) della madre. La sua dote consisteva in una casa a Londra e nel maniero di Aylesbury, elegantemente situato a metà strada fra Londra e Oxford. Dal matrimonio nacquero una figlia, Polly, l’unico vero amore e una separazione. A scatenare la rabbia di Mary non furono tanto le infedeltà del marito, quanto il fatto che sperperasse tutto il suo denaro per l’attività politica. Come ebbe a dire John Wilkes in modo succinto: «Amo tutte le donne, eccetto mia moglie».

Wilkes divenne un sofisticato cittadino londinese, proprietario terriero e giudice di pace, bon viveur dedito alle donne e alle bevute. Tramite il suo amico Thomas Potter, parlamentare di dieci anni più vecchio, conobbe Ralph Allen e tramite lui, incontrarono l’uomo che diventerà poi la loro bestia nera, il quarantaseienne reverendo William Warburton, sposato con la vivace nipote ed erede di Allen, la diciottenne Gertrude Tucker.

Potter e Wilkes non sopportavano l’ecclesiastico, untuoso e pieno di sé, eccellente corruttore, capace di oliare così bene gli ingranaggi giusti per diventare arcivescovo di Gloucester. La reputazione di Warburton stava tutta nella continua ristampa del Saggio sull’uomo di Alexander Pope, del quale aveva ereditato i diritti e ogni nuova edizioni, era infarcita di prefazioni bigotte e lunghe interpretazioni sull’autore. Potter, per castigare il prelato, sedusse la condiscendente Gertrude e da lei ebbe un figlio e, tanto per non farsi mancare nulla, lui e Wilkes, composero una parodia oscena del libro, intitolata Saggio sulla donna basandolo sui racconti di una famosa prostituta inglese, Fanny Murray. Niente di meglio per offendere un uomo di chiesa privo di humour. Sempre Potter, grazie ai suoi contatti, sostenne la carriera politica di Wilkes fino al parlamento.

Il Militia Act del 1757, intendeva creare un esercito di cittadini in grado di proteggere la nazione nel caso di un’invasione a sorpresa da parte della Francia, mentre l’Esercito e la Marina erano impegnati nelle guerre fuori confine. Grazie a tale legge Wilkes, che dimostrò di essere un ufficiale di valore, divenne secondo in comando alla milizia del Buckinghamshire agli ordini del parlamentare Sir Francis Dashwood. Succedette poi a Dashwood come colonnello, quando questi divenne Cancelliere dello Scacchiere nel 1763.

Dashwood fu l’animatore di vari clubs, tra cui l’Hellfire, dove una parte dell’élite politica se la spassava con le ragazze portate dalla famosa Fanny Murray che le reclutava dai migliori bordelli di Covent Garden. In questo periodo turbolento, Re George III, decise di riappropriarsi del patrocinio regale togliendolo ai conservatori, creando un suo partito affinché partecipasse alle elezioni generali, costringendo Pitt a dimettersi.

Come ebbe a scrivere Wilkes, «il potere della Corona è cresciuto, sta crescendo e deve necessariamente essere diminuito». La sola opposizione fu quella della stampa e di Wilkes che dimostrò di essere un autentico giornalista d’assalto. Il 23 settembre 1762, un giovane capitano della milizia dell’Hampshire riportò sul suo diario le seguenti impressioni: «Il colonnello Wilkes della milizia del Buckinghamshire ha cenato con noi … Raramente ho incontrato un compagno migliore: ha un’inesauribile scorta di buonumore, infinita arguzia e humour, e una grande conoscenza delle cose; il suo carattere è noto, la sua vita punteggiata di ogni possibile vizio, e il suo conversare denso di blasfemia e licenziosità. Si vanta della sua morale perché la debolezza è qualcosa che ha superato da tempo. Ci ha detto lui stesso che in questo periodo di dissenso pubblico è deciso a creare la sua fortuna. E su questo nobile principio ha deciso di allearsi strettamente con Lord Temple e con Pitt, dichiarandosi pubblicamente nemico di Lord Bute che settimanalmente dileggia dalle pagine del North Briton e di altri giornali con i quali ha rapporti».

 

 

Il giovane capitano era Edward Gibbon, il futuro autore di Declino e caduta dell’Impero romano. Con la sua tipica sfrontatezza, Wilkes aveva evitato gli imprevedibili costi elettorali in modo molto semplice: aveva dato ordine al suo fedele agente Dell, di pagare 5 sterline ciascuno 300 dei 500 “grandi elettori” di Aylesbury durante le elezioni generali del 1761. Intanto il Re, aveva costretto William Pitt a dimettersi, scegliendo come primo ministro il suo ex tutore scozzese Lord Bute.

Finché Bute fosse rimasto al potere, Wilkes non avrebbe avuto chance, quindi doveva essere cacciato. L’inesperto e permaloso Bute cadde nella trappola. Il primo ministro commissionò una rivista settimanale, il Briton, diretta dall’inesperto romanziere scozzese Tobias Smollett. La risposta di Wilkes fu la creazione del North Briton – cioè il dispregiativo usato dagli inglesi per indicare gli scozzesi – un settimanale polemico, feroce e spietato.

Nel primo numero del giugno 1762 Wilkes, che come d’uso al tempo scriveva senza firmarsi, criticò pesantemente la pace con la Francia. Nel quinto attaccò implicitamente la famiglia reale, raccontando un precedente storico della monarchia inglese, insinuò che la madre del Re, la principessa Augusta, fosse l’amante del primo ministro, e che i due fossero conniventi nel tentativo di usurpare il potere di governare la nazione.

George III ne usciva quindi come uno stupido, sua madre come una sgualdrina e Bute come un pericoloso sovversivo. Eppure nulla accadde. Wilkes non fu né arrestato né assassinato. Che la storia fosse abbastanza veritiera da suggerire di evitare un processo in Tribunale? Rinvigorito da tale mancanza di reazioni ufficiali, Wilkes intensificò gli attacchi. Il governo si indebolì e l’otto aprile Bute si dimise, a capo del nuovo esecutivo andò il suo vecchio amico con cui era in contrasto, Henry Grenville. Invece, segretario di stato fu nominato Lord Sandwich. Per proteggere l’onore del Re, ma anche per paura che Wilkes sapesse troppi segreti e retroscena, i due decisero di demolire il North Briton e il suo fondatore. Il 30 aprile fu emesso un mandato d’arresto generale, di dubbia legalità, per la cattura di chiunque fosse stato coinvolto nella stampa e nella produzione del numero 45 del settimanale. I messaggeri della Corona arrestarono sommariamente le persone in strada, entrando nelle case con la forza. Vennero fermate 49 persone, incluso Wilkes, che protestò contro quel mandato d’arresto privo di accuse circostanziate. Deportato nella Torre di Londra, usufruì del privilegio parlamentare per chiedere la scarcerazione.

 

All’uscita una folla urlava: «Wilkes, libertà, numero 45». Dopo il suo rilascio, Wilkes spronò gli altri 48 arrestati a denunciare il governo per arresto illegale. Denunciò lui stesso Lord Halifax, il primo segretario di stato, per aver ordinato l’arresto senza che ci fosse alcuna prova accettabile che dimostrasse il vero autore dell’articolo. Ci vollero sei anni ma alla fine Wilkes ottenne 4.000 sterline come risarcimento danni e durante il processo riuscì a fare in modo che i mandati di arresto generali fossero dichiarati illegali e che il Parlamento li abolisse dallo statuto. Questa vittoria fu importantissima: stabiliva il principio per il quale le persone non potevano essere arrestate senza una ragionevole prova esibita contro di loro, e costituiva un precedente di legge per il quale le persone comuni potevano ottenere un risarcimento in caso di comportamento oppressivo da parte delle autorità, rivolgendosi a un tribunale.

Il Segretario di Stato per gli Affari interni, al quale spettava il ruolo dell’accusa contro Wilkes, era Lord Sandwich, per molto tempo amante assieme a Wilkes della stessa cortigiana di Covent Garden, Fanny Murray. I due avevano diversi conti in sospeso. E quando Sandwich accusò Wilkes con le parole: «Sir, morirete, di sifilide o impiccato», la risposta repentina di Wilkes fu: «Ciò dipende, mio Lord, dal fatto che io scelga di abbracciare la vostra amante o i vostri principi!». Sandwich, allo scopo di far condannare Wilkes anche dalla pubblica opinione, aveva stampato parecchie copie del Saggio sulla donna trafugato. Lo stesso Wilkes ammise che il testo era «un insulto all’ordine e alla decenza» ma insistette sul fatto che egli non lo avrebbe mai dato alle stampe per il grande pubblico, cosa che invece aveva fatto la House of Lords.

Nel frattempo, il 15 novembre 1763 Wilkes fu convocato davanti alla House of Commons,  minacciato della perdita dell’immunità parlamentare e della messa in stato d’accusa: aveva due giorni per preparare la difesa. La mattina seguente rimase ferito in un duello a Hyde Park, con un proiettile che gli passò attraverso l’addome, mancando tutti gli organi vitali, fermandosi sulla natica destra. Il suo sfidante, era il parlamentare Samuel Martin, il segretario del Tesoro, che nel numero 40 era stato definito «il più sleale, rozzo, egoista cattivo, abietto, volgare personaggio che fosse mai riuscito a strisciare fino a un posto da segretario». Per cinque settimane Wilkes fu troppo debole per andare in Parlamento, ma a fine dicembre fu costretto a partire per Parigi, costretto all’esilio con la sua nuova amante. Passò anche in Italia, prima a Roma e poi a Napoli.

Il 20 gennaio 1764 la House of Commons decise di espellerlo in absentia, togliendogli l’immunità parlamentare e permettendo che fosse perseguito per diffamazione oscena, sediziosa e blasfema. Il 21 febbraio fu dichiarato colpevole di diffamazione nei confronti della Corona e del vescovo Warburton. Fu dichiarato fuorilegge quando non si presentò alla lettura della sentenza. Tuttavia il popolo era dalla parte del colpevole. Si racconta che l’ufficiale giudiziario nel tentativo di bruciare delle copie dei numeri del North Briton sequestrati, venne circondato da una calca di persone che bruciarono uno stivale (boot, per assonanza con Bute) e una sottogonna (la principessa Augusta) per contestare il “Governo della sottogonna”. A Parigi, Wilkes fu celebrato come eroe della libertà. Da lì riuscì a vendere la sua casa di Aylesbyry per 4000 sterline, più 500 per la sua biblioteca e a pagare i debiti. Purtroppo incassò solo una parte della cifra perché il suo agente fallì nel 1767.

 

Intanto cominciarono gli appelli al governo inglese per concedergli la grazia. «Cosa diavolo me ne faccio della prudenza? Ho debiti in Francia, in Inghilterra sono un fuorilegge … Devo dare una scossa alla situazione o andare in prigione». Wilkes in un sussulto d’orgoglio decise nel 1768 di riprendersi il seggio parlamentare. A febbraio tornò a Londra sotto il nome di Osborn e a maggio, fece richiesta ufficiale di grazia al Re, senza ottenere risposta. Per risolvere quest’impasse, Wilkes decise che si sarebbe costituito, presso la Court of the King’s Bench il 20 aprile. Con una campagna elettorale ben orchestrata sfidò quindi i due parlamentari per il Middlesex, distretto che comprendeva la Greater London e la campagna circostante. Vinse, ma il governo del Duca di Grafton lo espulse dal Parlamento (House of Common), partendo dal presupposto che il 20 aprile, giorno della prima udienza in Tribunale, sarebbe stato comunque arrestato. Poi però il governo temette una rivolta e Wilkes per risolvere la situazione, attorniato da una folla impressionate, si presentò spontaneamente alla King’s Bench Prison, dove si sistemò in un confortevole appartamento rifornito di cibo, vino e adorabili damigelle fornite dai suoi sostenitori. In una situazione farsesca, con aspetti drammatici, la folla con un attacco lo liberò il 10 maggio, ma Wilkes si travestì per tornare inosservato nella sua “cella”. Nel corso degli scontri i magistrati ordinarono alle guardie di aprire il fuoco. Wilkes dovette assistere dalla sua finestra all’uccisione di sette persone e al ferimento di altre quindici. Il popolo era dalla sua parte. L’otto giugno il Lord Justice Mansfield, revocò la messa al bando di Wilkes per un vizio di forma, ma il 16 giugno lo condannò per le accuse del 1764 a un anno per alcuni numeri del North Briton e un altro anno sempre per quel famigerato saggio boccaccesco. Nell’elezione del dicembre 1768, indetta per colmare un seggio vacante, l’avvocato di Wilkes, John Glynn, vinse. La nascita di un partito “wilkista” rese il governo di Grafton ancora più determinato a escludere Wilkes che sulla stampa accusava il governo di aver deliberatamente architettato l’attacco militare contro i suoi sostenitori. L’espulsione di Wilkes dalla House of Commons fu ratificata con 219 voti a favore e 137 contrari.

 

 

Il 16 febbraio 1769 Wilkes vinse di nuovo incontrastato le elezioni in Middlesex. Il giorno dopo il Parlamento lo dichiarò ineleggibile a causa dell’espulsione. Vinse ancora il 16 marzo e il risultato fu nuovamente annullato in modo che il governo potesse piazzare il proprio candidato, il colonnello Henry Luttrell. Al momento dell’insediamento di quest’ultimo alla House of Commons, la maggioranza del governo scese a 54 e poi venne sconfitta.

Grafton fu sostituito per i successivi 12 anni dal primo ministro Lord North. Wilkes era riuscito a far cadere il primo ministro, ma non il governo del Re. In questo tira e molla, Wilkes insistette spostando il suo obiettivo verso la City of London che godeva di una particolare autonomia politica. Prima però dovette saldare altri debiti e lo fece grazie ai suoi sostenitori più ricchi. Londra aveva un elettorato di 7.000 liverymen, membri delle Gilde, che eleggevano ogni anno i funzionari della City e il consiglio della Court of Common e sceglievano gli amministratori locali per ciascuno dei 26 distretti.

 

Le elezioni nel Middlesex avevano visto crescere il ruolo della stampa e l’interesse per i resoconti dei dibattiti in aula che il Parlamento giudicava invece, come una violazione dei suoi privilegi. Il governo di North tentò per via legislativa di proibire la trascrizione delle sedute parlamentari. Il 7 febbraio fu ordinato a due tipografi di presentarsi presso la House of Commons e la loro mancata apparizione portò a un ordine d’arresto. Wilkes, realizzando che questo era solo l’inizio di una campagna contro il giornalismo, oppose al potere del Parlamento il privilegio della City of London, che godeva di una autonomia speciale, accampando l’esclusività del diritto di arresto entro i suoi confini.

In questo modo, tutti i tipografi di Londra furono incoraggiati a rifugiarsi nella City. Il 12 marzo furono aggiunti alla lista della House of Commons altri dodici tipografi, e tre giorni dopo i tentativi di arrestare John Miller del giornale “wilkista” London Evening Post, furono sventati dai magistrati della City. Il Parlamento imprigionò invano Lord Mayor Brass Crosby e un altro amministratore locale, entrambi wilkisti.

Lord Chatam fu informato il 27 marzo 1771 che «i ministri riconoscono che Wilkes è troppo pericoloso per mettersi contro di lui. Quindi Sua Maestà dichiara che non avrà più nulla a che fare con quel diabolico Wilkes». I sostenitori del governo dovettero accettare che era meglio non sfidare il privilegio della City e il governo di Lord North ammise la sconfitta.

 

Il cosiddetto caso dei tipografi fu un trionfo politico per Wilkes e una vittoria per la libertà di stampa. Tale era la paura che Wilkes faceva agli uomini del governo che per due volte, nonostante egli avesse vinto per diventare Lord Mayor, si appellarono alla regola per la quale gli amministratori locali non dovevano obbligatoriamente scegliere il primo nome della lista uscita dal voto dei 7.000 elettori. Wilkes era sconvolto e molto adirato. Il divieto era arrivato per lui che due volte era arrivato primo alle urne. Questo fece aumentare la sua popolarità per l’ingiustizia subita.

 

Nel 1774 Wilkes come sindaco di Londra, mostrò capacità e generosità. Sempre prodigo e spendaccione, Wilkes si impegnò seriamente nel nuovo ruolo. Regolò i prezzi del cibo, si adoperò per migliorare le condizioni di vita urbane e nelle prigioni, lanciò una campagna contro la prostituzione, atti che gli portarono tanta rispettabilità sociale che persino l’arcivescovo di Canterbury partecipò a una funzione ufficiale. I tentativi annuali di Wilkes di far revocare la sua espulsione dal Parlamento del 1769 ebbero finalmente successo nel 1782: si stabilì così il diritto dei votanti di eleggere ogni candidato idoneo. In quel periodo sostenne il Dissenter Relief Act del 1779, che esonerava gli insegnanti non anglicani protestanti, dal sottoscrivere i 39 articoli anglicani della fede, specialmente il trinitarismo.

John Wilkes morì nel 1797. Come difensore della libertà di criticare il potere politico, dovette affrontare l’esilio, l’espulsione dal Parlamento (non dalla vita politica) e la rovina finanziaria. Vinse, perché fu terribilmente coraggioso.