La leggenda del maestro si è ingrossata molto con la citazione di un episodio tratto da Il mattino dei maghi (1960) di Louis Pawels e Jacques Bergier, libro a cui si deve il revival dell’occultismo.
Stando a quando riferito da Pauwels, l’amico Bergier dal 1934 al 1940, aveva collaborato con il fisico Andrè Helbronner, che tra i suoi collaboratori annoverava vari personaggi, ma uno di questi in particolare aveva colpito la sua attenzione, un tipo cordiale e riflessivo che all’improvviso era sparito dalla circolazione. Bergier era convinto che quell’uomo fosse Fulcanelli e di averlo incontrato nuovamente nel 1937 nel laboratorio della Direzione del Gas di Parigi, su richiesta dello stesso professor Hellbronnes. L’uomo misterioso parlò dei risultati della ricerca del professore francese e l’aveva messo in guardia sui potenziali pericoli della radioattività, ma una frase lo colpì su tutte: «Il segreto dell’alchimia è questo: esiste un modo di manipolare materia e energia capace d produrre quello che in termini moderni definiamo un “campo di forze”. Questo campo ha il potere di agire sull’osservatore e lo mette in una condizione privilegiata di contemplazione diretta dell’universo. Da qui, da questa postazione privilegiata, egli ha la possibilità di accedere a delle realtà normalmente precluse dal tempo e della spazio, dalla materia e dall’energia. Ecco quella che gli alchimisti definiscono la “Grande Opera”».
Schemit gli rivelò che nei primi mesi del 1926 era andato a trovarlo un signore elegante e demodé con dei grandi baffi. Lo sconosciuto aveva cominciato a parlargli dell’architettura gotica, dicendo che in realtà si trattava di un sorta di codice, noto anche come “linguaggio verde” (per inciso, nel romanzo di Meyrink, “Il viso verde” si trovano richiami in tal senso). Qualche settimana dopo nell’ufficio dell’editore si era presentato Eugene Canseliet, con in mano il famoso manoscritto di Fulcanelli e Schemit, ci mise poco a riconoscere nella scrittura, il modo di esprimersi del personaggio che aveva conosciuto qualche tempo prima. Successivamente Canseliet era ritornato con Jean Julien Champagne, l’illustratore del libro “Il mistero delle cattedrali” e l’editore riconobbe l’uomo che si era presentato molto tempo prima. L’atteggiamento deferente di Canseliet e il rivolgersi al disegnatore come “maestro”, lo convinse del fatto che Champagne e Fulcanelli, fosse la stessa persona.
L’ultima compagna di Champagne raccontò sempre ad Ambelain che lui e Canseliet, condividevano delle stanze di un grande attico al numero 59 di rue de Rochechouart, confermando l’atteggiamento di profondo rispetto di Canseliet e che lo chiamava maestro. Da qui la deduzione che fosse il suo “maestro alchemico” e quindi, Fulcanelli.
Queste e altre tracce non conducono a una verità accertata. Ovviamente Canseliet ha sempre negato tutto e, addirittura, avrebbe incontrato Fulcanelli a Siviglia, rimanendo stupito dalle fattezze dell’uomo che aveva l’aspetto di un cinquantenne, pur avendo 113 anni. Sono decenni che si cerca d’identificare il misterioso alchimista, spuntano tanti nomi e nessuna certezza. Persino il grande musicista americano Frank Zappa scrisse un brano intitolato, But who was Fulcanelli?