lo scrittore milanese Andrea G. Pinketts con l’inseparabile sigaro toscano

 

Quando Sir Walter Raleigh, portò il tabacco dall’America all’Inghilterra nel XVI secolo, fu come aprire la porta di un passaggio segreto che conduceva in un raffinato territorio di piaceri terreni e vita indipendente. Ma senza saperlo, scatenava la lotta interiore ed esteriore prodotta dal fumo che è ancora in corso, tra il dire “sì” e il dire “no”. Il fumo è ozio. Privo di qualsiasi funzione pratica e per questo odiato dagli esaltatori del tempo produttivo. Può, nel silenzio, attivare un’energia creativa oppure stimolarci a praticare la nobile arte della conversazione. La “pipa – scrisse William Thackeray – “estrae saggezza dalle labbra del filosofo e chiude la bocca allo sciocco; produce uno stile di conversazione contemplativo, pensoso, benevolo e non affettato”.

La propaganda antifumo, unita alle tasse punitive sui fumatori con tanto di avvertenze dei ministeri della Salute e brutte immagini che rovinano l’estetica dei pacchetti, descrive bene il carattere dei moralisti della domenica. Esiste una forma di sottile segregazione dei fumatori da parte dei non fumatori che trasforma questi ultimi in orgogliosi predicatori puritani pieni di sé.

Noi ci dilettiamo nelle terre del tabacco mentre loro, desiderano solo un paradiso asettico, carico di redenzione, ordinato e tremendamente tedioso. Tocca a noi amanti del sigaro diventare dei cospiratori per rimettere le idee a posto.

“L’uomo misura il vago tempo con il sigaro” scrisse Jorge Luis Borges

Il sigaro è il risultato di una scelta, non è popolare, né democratico, nasce come prodotto di massa ma poi diventa altro. Il sigaro è aristocratico ma chi lo fuma ha il piacere di stare in mezzo al popolo. Il panegirico sulla cultura del tabacco non ci interessa, noi coltiviamo una libertà beffarda che si prende gioco dei volti corrucciati e degli sguardi disgustati. Più che metafisico, il nostro discorso è “metà fisico” perché c’è un momento in cui avverti la fisicità del sigaro e un altro in cui si verifica l’astrazione.

Il sigaro richiede un profondo rispetto. Esiste un momento in cui lo scegli e contemporaneamente sembra che sia lui a sceglierti. Il sigaro dovrebbe fumarselo solo chi lo merita, ma non possiamo esagerare. Il sigaro è indipendente, la sua cenere, di un colore grigio ferro, è solida come se opponesse una cordiale resistenza alla propria fine. Il sigaro ti consente di osservare il mondo con il giusto distacco, di viverci dentro e di prendere la giusta misura di tutto quello che ti sta intorno. Il sigaro ha un odore che resta, ti consente di allontanarti temporaneamente dal mondo restandovi saldamente, ti permette di uscire dalla scena che poco prima avevi allestito.

Il sigaro ti crea un involucro di nebbia, di profumi e di aromi molto personale. Sviluppa un inedito pathos della distanza e tiene lontani i salutisti molesti. Prometeo ha donato il fuoco agli uomini sfidando gli Dèi. Le vestali custodivano a Roma il fuoco sacro nel Tempio di Vesta. Noi sacerdoti del sigaro celebriamo una liturgia gaudente con una precisa ritualità di gusto e tatto.