È andata a pezzi l’illusione di avere sotto controllo ogni aspetto, compreso il più insignificante, della vostra vita quotidiana. L’ansia e la paura hanno preso il sopravvento di fronte a un dramma collettivo. Non posso biasimarvi tanto, vorrei farlo, ma a cosa serve? Il mondo è sempre lo stesso, si vive, si rischia e si muore, ma in questa parte dell’occidente europeo, fate finta di averlo scoperto solo adesso. Al resto ci ha pensato il circo mediatico e un ceto politico che invece di trasmettere coraggio, ha ceduto alla tensione, insieme alle spettacolari risse tra medici e scienziati che si azzannano in tv invece di stare in laboratorio, tutti promossi a scienziati sociali.
Ha ragione Chantal Delsol: “Siamo svenevoli come tante suore e non più abituati al pericolo. Siamo le prime generazioni nella storia a non aver vissuto la guerra, la miseria o il dispotismo. Educhiamo i nostri figli che nulla è serio e tutto è possibile. Siamo i figli viziati della storia. Ma tutto questo è un sogno. La guerra, la miseria, il dispotismo possono sempre accadere”.
Un dibattito intelligente, libero dalle scorie ideologiche come quella nuova dell’estremismo igienista, in Italia e forse altrove, sembra diventato impossibile. Chi espone dubbi sulle chiusure forzate viene bollato col marchio infamante di “negazionista”, non importa se non sta negando niente e sta dalla parte di quelli che invitano a leggere e interpretare correttamente i dati, a spiegarli, a chiarire la differenza tra malato e positivo asintomatico. Invece no, si alimenta lo scontro farlocco tra allarmisti e negazionisti e chi non sceglie questa falsa contrapposizione resta ai margini.
Il problema del virus è nel comportamento dei singoli, nella curva di diffusione e nella potenza virale, nella stagionalità e in quel fattore fondamentale nella vita di tutti, il caso. Non è una scoperta di oggi, l’avete dimenticato?
Il decantato modello Italia che tanti castelli di chiacchiere aveva costruito, non c’è, non è mai esistito. Ci sono state risposte più o meno efficaci a seconda dei decisori politici locali. Invece di fare tesoro degli errori, proseguiamo sulla stessa strada: scazzi tra governo ed enti locali, regole che cambiano a ritmo costante, in pieno stato di diritto “enigmatico”. Un modello di disordine e improvvisazione con un sistema di test e tracciamento che già è andato in tilt, con il rischio concreto di assaltare gli ospedali al minimo sintomo e tanti saluti a chi soffre di patologie più gravi.
L’ho già scritto: lo stato d’emergenza prepara una trasformazione più vasta. Si sperimentano nuove forme di distacco e si trasferiscono più mezzi di produzione dal mondo delle relazioni fisiche, a quelle mediate dalla tecnologia.
Pensate di continuare con una mentalità passiva? Molti di voi, soprattutto i più garantiti, sognano di rintanarsi in casa in una putrida e alienante comodità. Cosa sognate? La vita asettica, il mito delle perdite zero, l’allucinatoria speranza di evitare gli imprevisti della storia, lo stato etico che tutto sa, nulla sbaglia e tutto dispone. Fatevene una ragione perché con il pericolo si convive tutti i giorni.